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Daniele Faverzani
07/10/2018 - 20/10/2018
Daniele Faverzani
Qualcosa che fugge
Nelle foto di Daniele Faverzani emerge prepotentemente la sua formazione da architetto: l’attenzione è tutta ai volumi e all’alternarsi di spazi vuoti e pieni, nonché alla staticità degli edifici cui fa da contraltare il movimento, spesso accennato, di ciò che è più effimero o di passaggio.
Ma ciò che più balza all’occhio è l’utilizzo che il fotografo fa di varie superfici riflettenti, in cui osserva e ci mostra il mondo che si specchia. Si tratti di specchi interi o rotti, di vetrine o ancora di pozze d’acqua per terra, in ogni caso ciò che la foto ci restituisce è un’immagine nell’immagine, una sorta di punto di vista al quadrato, capace o di allargare l’orizzonte, permettendoci di osservare ciò che è alle spalle del punto di vista dell’obiettivo, o di arricchire con dettagli altrimenti invisibili il contesto urbano in cui le foto sono scattate, di mostrarci in campo anche ciò che è fuori campo, di lasciarci immaginare come prosegua il mondo reale oltre quella piccola porzione rettangolare che l’obiettivo confina e ci mostra.
Il rapporto con gli specchi e il loro mostrarci architetture, “cose” e mai persone richiama alla mente una famosa citazione gnostica, riportata da Borges nel racconto Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, contenuto nella raccolta Finzioni: “gli specchi e la copula sono abominevoli, poiché moltiplicano il numero degli uomini”. Nel caso delle foto di Faverzani sembra invece che gli specchi non servano a duplicare colui che vi si specchia (e quindi non ricadano nell’abominio!), quando piuttosto ad offrire un potenziamento ai nostri sensi limitati, a permetterci di guardare oltre le nostre possibilità, a trascenderci, a costruire un rapporto profondo tra sensi e mente, tra ciò che possiamo vedere e ciò che possiamo immaginare – oltrepassando i nostri limiti nella ricerca della conoscenza.
Aldo Torrebruno
Così definisce il proprio lavro: “Nella quotidianità molto di quello che è il contesto nel quale ci muoviamo sia fisicamente che mentalmente, non viene vissuto appieno e con reale consapevolezza. Nelle immagini presentate questo qualcosa “che sfugge”, rientra a far parte del quadro globale (rappresentato dall’inquadratura) del nostro quotidiano, attraverso la sua rappresentazione riflessa che ne attesta la presenza sia fisica che mentale”.
Daniele Faverzani si laurea in Architettura facendo ampio ricorso alla fotografia per indagare l’influenza operata dall’immagine pubblicitaria di dimensione architettonica (maxi-affissione) sulla percezione dello spazio. Predilige la fotografia di paesaggio urbano attraverso la quale conduce il suo personale lavoro di ricerca teso a ricucire lo strappo tra realtà e immaginario
Wunderkammern effimere
Curatela | Anna Epis e Aldo Torrebruno
Presentazione | Aldo Torrebruno
Allestimento | Anna Epis e Lorenzo Argentino
Partners | microbo.net | Circuiti Dinamici Milano
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