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Anna Flávia Schmitt Wyse Baranski

ARTISTA DEL GIORNO | 03.11.2023

<< 1- “Loving Naiá”
Pink star
Victory Royal
loving Naiá
On the right time
become poetry
multiplied
in your waters

2 – “Jaci’s Color”
Victory Royal
Jaci’s color
poetic Naiá
Never forgot

3 – “Naiá without flower”
Water star
Naiá without flower
Victory Royal
Love poem Poetic

Glossary
Water star = Victory Regia
Naiá = Indigenous young woman in love by the Moon
Jaci= Moon in tupi language
Color of Jaci = Color White as the Moon
White Victory Royal= New flower not yet ready to be pollinated
Pink Victory Royal = Flower already
to be pollinated >>

Anna Flávia Schmitt Wyse Baranski

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TRITTICO

Il trittico è un formato affascinante, cui siamo avvezzi per molte ragioni: è dal medioevo infatti che trittici di varia natura e vari materiali ci osservano dalla storia dell’arte, e ci affascinano col loro offrirci punti di vista differenti, ma anche con il proprio avvolgerci, utilizzandoci come ideale chiusura dello spazio aperto che il trittico definisce. Al contempo abbiamo adattato la struttura tripartita anche ad altri utilizzi, più prosaici forse ma non meno importanti, quali ad esempio le specchiere per il trucco, in cui ancora una volta ci immergiamo per osservarci da ogni lato. Siamo così passati dallo spirituale all’estetico, ma in ogni caso indaghiamo, osservandole da più prospettive, le nostre anime e i nostri volti, in una sorta di approfondimento del sé che può essere interiore e esteriore.
Il trittico però può essere anche interpretato come una sequenza logica o temporale, non necessariamente sincrona, quindi indagine che non si svolge solo in estensione, ma anche in maniera verticale seguendo il filo del discorso o il succedersi cadenzato degli eventi.
Per questo ci sembra affascinante l’idea di chiedere ai nostri artisti di utilizzare questo formato: tre immagini che raccontino, in estensione o in profondità, sincronicamente o diacronicamente una storia, unite dal filo rosso del formato e dalla potenza del numero, che ha affascinato l’uomo sin dai tempi di Pitagora – che lo definiva il numero perfetto, sintesi di uno e due, chiusura della cosiddetta triade ermetica.