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Sofia Alessandra Leone

ARTISTA DEL GIORNO | 04.06.2023

<< Corpo Spezzato. Tutte le volte che dissi sì, mi spezzai. Eh ma dai non prendertela, si faceva per ridere. Ti lamenti sempre. Era solo un complimento. Taci un po’. Sei pazza. Sei esagerata. Ci costringono dentro spazi stretti che fungono da contenimento alle nostre potenziali contaminazioni. All’interno di queste carceri perdiamo la capacità di percepire noi stesse e riconoscerci a vicenda: non siamo che pezzi. “Nell’oggettivazione l’individuo è considerato un oggetto, uno strumento, una merce. Il processo di oggettivazione comporta una frammentazione strumentale nella percezione sociale, la divisione della persona in parti che servono scopi e funzioni specifici dell’osservatore.” La negazione dell’umanità: i percorsi della deumanizzazione, Volpato, 2012 Corpo Spezzato è un manufatto artistico che si fa denuncia della violenza subita e della consuetudine di rompere (e quindi, più facilmente, controllare) quello che è di troppo. Corpo Spezzato, però, si fa anche Manifesto della volontà di riappropriarci della nostra interezza per (ri)trasformarci in soggetti, affermare il “troppo” che siamo ed eliminare le carceri. Corpo Spezzato, infatti, si articola in una tripartizione di fotografie elaborate proprio per raccontare la trasformazione di cui si è appena parlato. Le foto si articolano in: La violenza deforma e spezza il corpo; allo stesso tempo, in questo stato, il corpo stesso diventa prolungamento (le mani) di quella violenza procurando su di sé la stessa violenza che subisce. Il corpo prende consapevolezza della violenza subita e stimola con lo sguardo chi sta lo guardando a interrogarsi sulla violenza che è stata messa in atto. Il corpo si allontana dall’interlocuzione intima con lo sguardo esterno a cui era costretto nelle prime due fotografie, riprendendo – in modo assertivo e orgoglioso, ma anche preoccupato – il suo spazio di per esistere. Qui vediamo il corpo ha iniziato il suo processo di re-composizione dei pezzi in cui era stato smembrato. Durante questo processo, il corpo mantiene dentro sé la duplicitá (le ombre) che simboleggiano lo stato di “corpo spezzato” precedente e quello di “corpo re-integrato” verso cui si sta avviando. L’intero lavoro si articola su una molteplicità di binomi: quello tra la riduzione a oggetto e la volontà/necessità di essere soggetto, quello tra la riappropriazione dell’essere esagerate e la normatività carceraria alienante e, infine, quello tra le azioni violente e la riappropriazione di segni e simboli violenti per dare loro una forma – nuova, libera e visibile – alla comunità. Corpo Spezzato è composto da 3 fotografie realizzate con lo smartphone in cui io sono avvolta da fil di ferro modellato sulle forme del mio corpo che riporta visibili tagli e ferite, ematomi e rossori realizzati con il make up. L’uso dello smartphone completa il lavoro perché contiene in sé un ulteriore binomio: quello tra l’emancipazione e l’oppressione proprio a causa (o grazie) degli usi che facciamo di questo dispositivo nella nostra quotidianità. L’uso di prodotti di make up e fil di ferro fanno parte della mia pratica artistica che si fonda, infatti, sull’uso di materiali che provengono da ogni ambito con l’obiettivo di portarne alla luce i propri significati intrinseci e usarli per crearne di nuovi. Presento Corpo Spezzato per dare voce a un portato emotivo di sofferenza e una volontà di lotta comunitaria che si realizza tramite la pratica artistica. Sento l’urgenza di trasformare tali energie in azione e “agirle” insieme a quelle dell* altr* artist* perché l’unico modo per combattere è tenerci i pezzi insieme a vicenda >>

Sofia Alessandra Leone

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TRITTICO

Il trittico è un formato affascinante, cui siamo avvezzi per molte ragioni: è dal medioevo infatti che trittici di varia natura e vari materiali ci osservano dalla storia dell’arte, e ci affascinano col loro offrirci punti di vista differenti, ma anche con il proprio avvolgerci, utilizzandoci come ideale chiusura dello spazio aperto che il trittico definisce. Al contempo abbiamo adattato la struttura tripartita anche ad altri utilizzi, più prosaici forse ma non meno importanti, quali ad esempio le specchiere per il trucco, in cui ancora una volta ci immergiamo per osservarci da ogni lato. Siamo così passati dallo spirituale all’estetico, ma in ogni caso indaghiamo, osservandole da più prospettive, le nostre anime e i nostri volti, in una sorta di approfondimento del sé che può essere interiore e esteriore.
Il trittico però può essere anche interpretato come una sequenza logica o temporale, non necessariamente sincrona, quindi indagine che non si svolge solo in estensione, ma anche in maniera verticale seguendo il filo del discorso o il succedersi cadenzato degli eventi.
Per questo ci sembra affascinante l’idea di chiedere ai nostri artisti di utilizzare questo formato: tre immagini che raccontino, in estensione o in profondità, sincronicamente o diacronicamente una storia, unite dal filo rosso del formato e dalla potenza del numero, che ha affascinato l’uomo sin dai tempi di Pitagora – che lo definiva il numero perfetto, sintesi di uno e due, chiusura della cosiddetta triade ermetica.