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Sergio Illuminato

27.04.2020

Così l’artista presenta il proprio lavoro:

ITA << Ho iniziato a dipingere senza schemi predefiniti e basato sull’ispirazione del momento, pennellate libere e densi strati di colori rugosi e irregolari, diffusi con gesti rapidi e istintivi. Ho quindi collegato il corpo di colore a materiale tattile eterogeneo – povero, recuperato, consumato dal tempo e dall’uso – modulando nello stesso spazio smalti e grandi congregazioni di materiali che, in alcuni punti, quasi riemergono per dilatare la superficie della tela. La mia performance si consuma rapidamente con l’essiccazione del colore. Nelle mie azioni mi sento libero di accumulare e quindi incidere, graffiare, tagliare, bruciare, avvolgere, forare il materiale; esplorare solo trame, inciampi, collisioni di segni. Da qui spazi e atmosfere immateriali al di là di forme riconoscibili. Nel creare questo indecifrabile alfabeto visivo – di straordinaria libertà e facilità di esecuzione -, la consistenza fisica del lavoro e la corporeità della luce, i cui valori espressivi ed estetici sono rappresentati dai colori e dai materiali utilizzati, acquisiscono un’importanza primaria. Quindi, in primo piano, un corpo tattile-visivo appare svuotato di ogni residuo formale che contiene il suo tempo, come se avesse viaggiato per un lungo viaggio. Realtà completamente autonoma e autosufficiente, nel cui incontro-confronto-incontro tutti possono seguire il respiro di se stesso. Pertanto, considero le mie opere di contenitori aperti e inaspettati disponibili a coloro che vogliono interagire, interrogarsi, essere a disagio insieme a me, rinnovando ad ogni evento della pittura contemporanea. Finora uno spazio pittorico nel “fare” che ha la fisicità e la corporeità come suo comune denominatore. I titoli dei dipinti posti alla fine dell’opera tracciano invece una traccia delle ragioni della psiche e, in particolare, delle espressioni personali che, di volta in volta, hanno segnato momenti di trasformazione interiore e sempre maggiore compenetrazione del mondo circostante , mantenendo una dimensione originale riconoscibile, la propria identità >>

ENG << I began to paint without predefined schemes and based on the inspiration of the moment, free brush strokes and dense layers of wrinkled and irregular colors, spread with quick and instinctive gestures. I then connected the body of color to heterogeneous tactile material – poor, recovered, worn out by time and use – modulating in the same space glazes and large material congregations that, in some places, almost re-emerge to dilate the surface of the canvas. My performance is consumed quickly with the drying of the color. In my actions I feel free to accumulate and then engrave, scratch, cut, burn, wound, puncture the material; exploring only weaves, stumbles, collisions of signs. Hence immaterial spaces and atmospheres beyond recognizable forms. In creating this indecipherable visual alphabet – of extraordinary freedom and ease of execution-, the physical consistency of the work and the corporeality of the light, whose expressive and aesthetic values are represented by the colors and materials used, acquire primary importance. Thus, in the foreground, a tactile-visual body appears emptied of any formal residue that contains its own time, as if it had traveled a long journey. Completely autonomous, self-sufficient reality, in whose crossing-comparison-meeting everyone can follow the breath of himself. I therefore consider my works of open and unexpected containers available to those who want to interloquire, questioning, be uneasy together to me, renewing at each event of the contemporary painting. So far a pictorial space in the “making” that has physicality and corporeality as its common denominator. The titles of the paintings placed at the end of the work instead trace a track of the psyche reasons and, in particular, of the personal expressions that, from time to time, have marked moments of inner transformation and ever greater interpenetration of the surrounding world, maintaining a recognizable original dimension, its own identity >>

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La velocità con cui il tempo scorre per ciascuno di noi, che ovviamente è un concetto diverso dal matematico scorrere dei secondi che si succedono uno uguale all’altro, richiama la differenza tra tempo e durata, di bergsoniana memoria. Da un lato infatti abbiamo il tempo della scienza, osservabile, misurabile, analitico, certo, ma anche asettico nel suo succedersi concatenato; dall’altro quel coacervo di sensazioni e stati mentali, che ognuno di noi vive non in maniera sequenziale e matematicamente scomponibile, ma come un continuo fluire, sulla cui velocità percepita è enorme l’influsso dello stato psichico di ciascuno. Lo stesso evento, che il tempo misura come identico, può avere durata estremamente differente per ciascun essere umano che abbia occasione di viverlo: a volte pochi minuti sembrano un’eternità che non vuole saperne di passare e il tempo sembra letteralmente sospeso, altre volte intere ore volano via, senza che ne abbiamo percezione, convinti che siano passati pochi attimi. Ognuno di noi ha avuto esperienza di questa differenza, che rappresenta uno dei grandi misteri dell’uomo e della sua mente: il tempo che cerchiamo costantemente di ingannare finisce sempre per ingannare noi, allontanandosi praticamente sempre, nella percezione di ognuno, dal semplice dato misurabile. Bergson concludeva che la durata è l’unico tempo che esiste per ciascuno di noi: sicuramente è l’unico che possiamo percepire direttamente, per il quale non abbiamo bisogno di astrazione – come invece accade col tempo della scienza – per misurare ogni singolo attimo.

Curatela
Anna Epis e Aldo Torrebruno
microbo.net

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