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Camilla Maria Santini

28.03.2020

Così l’artista presenta il proprio lavoro:

<< Ho realizzato questa breve serie di fotografie in pellicola qualche anno fa, in pieno giorno, con migliaia di persone che passavano accanto a me a piedi e in auto, mentre io restavo immobile per tutto il tempo di esposizione della foto, un’ora di tempo: si imprime sulla pellicola solo quello che sta, che resta, le cose e le persone in movimento per un secondo si imprimono ma vengono subito sovraimpresse dai palazzi, dalla strada, dai lampioni, che le cancellano al nostro occhio biologico creando un’assenza. La foto è deserta come la città in questo periodo di quarantena, ma dentro alla materia della pellicola, come dentro alle case, pulsa la presenza di migliaia di persone. Dalla nostra casa, dalla nostra intimità, dobbiamo coltivare il nostro occhio interiore per vedere noi stessi sulla superficie del mondo, per riscoprirci cosa fra le cose, tutte estranee le une alle altre, ma complici, familiari >>

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La velocità con cui il tempo scorre per ciascuno di noi, che ovviamente è un concetto diverso dal matematico scorrere dei secondi che si succedono uno uguale all’altro, richiama la differenza tra tempo e durata, di bergsoniana memoria. Da un lato infatti abbiamo il tempo della scienza, osservabile, misurabile, analitico, certo, ma anche asettico nel suo succedersi concatenato; dall’altro quel coacervo di sensazioni e stati mentali, che ognuno di noi vive non in maniera sequenziale e matematicamente scomponibile, ma come un continuo fluire, sulla cui velocità percepita è enorme l’influsso dello stato psichico di ciascuno. Lo stesso evento, che il tempo misura come identico, può avere durata estremamente differente per ciascun essere umano che abbia occasione di viverlo: a volte pochi minuti sembrano un’eternità che non vuole saperne di passare e il tempo sembra letteralmente sospeso, altre volte intere ore volano via, senza che ne abbiamo percezione, convinti che siano passati pochi attimi. Ognuno di noi ha avuto esperienza di questa differenza, che rappresenta uno dei grandi misteri dell’uomo e della sua mente: il tempo che cerchiamo costantemente di ingannare finisce sempre per ingannare noi, allontanandosi praticamente sempre, nella percezione di ognuno, dal semplice dato misurabile. Bergson concludeva che la durata è l’unico tempo che esiste per ciascuno di noi: sicuramente è l’unico che possiamo percepire direttamente, per il quale non abbiamo bisogno di astrazione – come invece accade col tempo della scienza – per misurare ogni singolo attimo.

Curatela
Anna Epis e Aldo Torrebruno
microbo.net

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