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Mostra | Time Machine

21/01/2013 - 06/02/2013

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ARTISTI | Meral Ağar, Marialuisa Angeletti, Andreina Argiolas, Cristina Cattaneo, Paolo Chirco, Fulvio Dot, Matteo Emery, Damiano Fasso, Laura Ferrari, Adrian Lis, Framcesco Lussana, Luna Miscuglio, Ester Motta, PI&CI | Cecilia Bossi e Paola Piatti, Patrizia Rampazzo, Ivana Riggi, Rodolfo M. Rocca, Agata Ivana Sorgi, Antonio Villa.

La mostra si inserisce nell’iniziativa
GLI ORIZZONTI DEL LOGOS
Il presente progetto è stato finanziato con il contributo della Regione Lombardia

CURATELA | Anna Epis e Aldo Torrebruno | microbo.net
PRESENTAZIONE | Emanuela Caputo, Antonia Guglielmo, Aldo Torrebruno | microbo.net
ALLESTIMENTO | Lorenzo Argentino | Circuiti Dinamici
WEB&MULTIMEDIA | Anna Epis e Aldo Torrebruno | microbo.net
Videopodcast | http://youtu.be/Ie32hOWLWnQ
COMUNICAZIONE | Emanuela Caputo | microbo.net

ebook | http://issuu.com/microbo/docs/timemachine2013
Catalogo in mostra

 

 

 

Il tempo, concetto filosofico e scientifico che ha ispirato la collettiva “Time Machine”, viene analizzato nel corso dei secoli assumendo sfumature sempre differenti. I suoi tratti legati al movimento e alla sua percezione attraverso il corpo sono una costante, soprattutto in epoca moderna. Sulla linea di Heidegger, Merleau-Ponty, celebre filosofo contemporaneo che prendiamo ad esempio delle attuali tendenze, finisce addirittura per accantonare la concezione “cronometrica del tempo”. Egli afferma che il tempo non è quello a cui facciamo riferimento nel quotidiano. Questo tempo, da Aristotele in poi, si riferisce al movimento e alla durata e può essere misurato e quantificato. Dal punto di vista cronometrico il 3 viene prima del 5 ma entrambi sono situati nel tempo e lo presuppongono e dunque non colgono l’essenza originaria del tempo che, come aveva affermato Einstein, non esiste in sé ma in rapporto agli eventi che vi si svolgono. Capovolgendo la celebre metafora del fiume di Eraclito, il tempo, secondo Merleau-Ponty, non sarebbe unidirezionale e dipenderebbe sempre dalla constatazione da parte di un osservatore. Il tempo sarebbe quindi legato all’idea freudiana dell’inconscio e di un passato “indistruttibile” e “atemporale” che continuerebbe ad agire e a modificare il presente. Il tempo dunque non è unidirezionale, il passato può continuare a vivere nel presente, può farsi presente rivelandosi per la prima volta. L’essenza, il senso, nella riflessione di Merleau Ponty trova concretezza nella dimensione artistica che è comunque soggetta all’inafferrabilità del tempo.
Anna Epis e Aldo Torrebruno

 

Gli artisti della collettiva “Time Machine”, testimoni inconsapevoli del pensiero contemporaneo, danno un’interpretazione soggettiva del tempo facendo riaffiorare nell’opera i suoi tratti di “precario equilibrio” e l’idea di un’indiscussa continuità fra presente e passato tramandata silenziosamente da più di un secolo di psicanalisi. Il legame col corpo, per molti scarnificato dai media, è comunque imprescindibile (laddove il corpo-uomo scompare c’è il corpo-macchina). Esso riaffiora nella varietà dei punti di vista, nella memoria e soprattutto nell’ardita necessità di fissare il tempo in attimi perfettamente riconoscibili, nei “flash” di una macchina fotografica, nella concretezza dei materiali scelti. La corsa inesorabile del tempo genera, come agli albori, il timore della caducità e trova consolazione nell’idea di una ciclicità mutuata dal pensiero orientale che si aggrappa al perpetuo ritorno delle stagioni. Nell’epoca contemporanea il tempo e lo spazio si trasformano, si sovrappongono, si contraggono fino ad annullarsi nell’etere. Il mondo del web ha eliminato il concetto di distanza liberando il tempo in una nuova dimensione: il tempo della connessione. Esso può subire delle interruzioni che lo fissano nel mondo reale lasciando comunque una traccia che permane nella memoria umana e in quella del proprio pc.
Emanuela Caputo

 

“Sicuramente l’uomo occidentale moderno, cartesiano, evolutivo, lineare, mancante e perciò ansioso, paranoide e controllante, sta cercando, spinto dal suo stesso inconscio, l’altra dimensione: l’Essere, la Vita, il Soggetto immortale, che, di era in era, semplicemente gioca cambiando i suoi abiti ed i suoi scenari” (Ada Cortese).
Cambiando abiti e scenari gli artisti Time Machine allestiscono la propria idea di tempo, dando un input del tutto personale all’interpretazione di questo soggetto.
Delineando il fatto che il tempo occupa un posto centrale sia nella descrizione fisica del mondo esterno sia nella nostra esperienza interna, ma nonostante l’analisi lineare e cartesiana, di ognuno di essi, malgrado i progressi scientifici del nostro secolo che ne danno spiegazioni, i rapporti tra il tempo della fisica e quello della nostra esperienza rimangono un profondo mistero.
In incipit lo rappresentiamo fondamentalmente come una successione di esperienze caratterizzate dalla continuità, una continuità che sembrerebbe imporcisi con una forza che esclude ogni nostro intervento attivo. Ma analizzando più in profondità la questione, ci rendiamo conto che esiste una specifica capacità del soggetto conoscente, ovvero quella di sintetizzare in un’unica presenza eventi successivi: “è proprio quel vivere un evento nel presente in base sia alle nostre aspettative che a tali esperienze già avute” (Dorato, 1997) che consente una sintesi tra le tre dimensioni del tempo.
In Time Machine il momento è inteso come processo “dinamico”, rispetto al quale esistono distintamente passato, presente e futuro, come una retta sulla quale scorre un punto indivisibile, il presente che separa irreversibilmente il passato, da cui si allontana, dal futuro, verso cui avanza. Diversamente lo si può intendere come ciò che governa le relazioni di successione determinate da prima e poi, come processo “quasi statico”, grazie al quale è possibile localizzare e fissare un’unica “finestra temporale” eventi appartenenti a istanti precedenti e successivi rispetto al tempo di immediato riferimento, in modo tale che questi eventi non siano visti fluire, quanto piuttosto coesistere rispetto a un unico orizzonte temporale, il presente che si dilata nel passato mediante il ricordo e nell’avvenire mediante l’attesa.
Fissare un dato attimo contingente nel componimento artistico è un ripescare un back up temporaneo cristallizzato sull’hardware per ridargli realtà-verità non lasciandolo nelle infinite possibilità di non vissuto.
Antonia Guglielmo
“Nel nostro io c’è successione senza esteriorità reciproca, fuori dell’io esteriorità reciproca senza successione”.
Così scriveva Henry Bergson, opponendo il tempo della durata, soggettivo, misterioso, in cui un’ora può sembrare infinita o passare in un attimo, a quello misurabile, preciso, asettico, spazializzato della scienza e dei suoi orologi.
Anche gli artisti che si sono misurati con questo tema per la collettiva Time Machine sembrano concordare con il filosofo francese, confermandoci che l’arte sa offrire uno sguardo altro sulla realtà, lontano dalla verità e vicino piuttosto ad emozione e sentimento. Non a caso, nessuno degli artisti propone una visione lineare, scandita, rigorosa, ticchettante del tempo: tutti si interrogano piuttosto sulla ricorsività, sulla spirale, sul ritorcersi su sé stesso, e propongono una visione del tempo sempre capace di tornare sui propri passi, tutt’altro che ineluttabile e definitivo. Si indaga così quel particolare rapporto tra uomo e tempo che è la memoria, ma anche il modo in cui il corpo (umano, ma non solo) interagisce col tempo e con lo spazio, sia scrutando verso il futuro, sia guardandosi alle spalle: ma come accennato, non emerge una direzione chiara e distinta che frapponga questi due momenti temporali, quanto piuttosto una serie di connessioni, di legami, che vedono nella circolarità la propria caratteristica.
Molti degli artisti, però, confrontano direttamente la propria visione e il proprio tempo con quello della macchina, che si affianca e fa da controcanto a tutta la collettiva: macchina che propone invece una visione precisa, puntuale, con una direzione ben definita imposta al proprio movimento (anche quando questo sembra non avere senso) e che per generare oggetti determinati genera al contempo scarti, che rappresentano dei negativi della propria produzione. Macchina che ha uno scopo, che persegue linearmente. Macchina che, in questa nostra epoca in cui tutto lascia traccia, ci ricorda anche che – seppure sia sempre possibile tornare indietro con un ctrl+z – non si può riottenere tabula rasa dove un segno è stato tracciato, dove in qualche misura si è interagito.
In questo tempo e in questo spazio che lo sguardo modella, l’artista lascia (o ha lasciato) tracce del proprio passaggio, si inserisce nella trama spazio-temporale rimandando a sé stesso e a noi, che siamo così chiamati ad inserirci in questo continuum, a tornare su noi stessi, a chiederci se ciò che è stato sarà ancora, e se ciò che sarà non sia per caso già stato…accettando che ciascuno dei diciannove artisti ci proponga la propria durata, adattandoci, incuriositi, al ritmo di ognuno.
Aldo Torrebruno

Luogo

Circuiti Dinamici
via Giovanola 21/c
Milano, 20142 Italia
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